Sono qui davanti a questo foglio bianco che mi osserva e vorrei scrivere senza sapere esattamente cosa. Ho trascorso le ultime tre ore a guardare foto, leggere interviste, ascoltare e riascoltare passi letti da lui, Sergio Claudio Perroni.
Un uomo dallo sguardo vivo e dal sorriso dolce che io non avevo mai conosciuto prima. Per scoprirlo, ho dovuto aspettare che si sparasse un colpo di pistola in mezzo alle vie di Roma. Un gesto estremo, egoista, definitivo. Io che ho sempre condannato il suicidio come il più vigliacco ed egoistico dei gesti, oggi mi ritrovo qui a mettermi in dubbio.
Sabato 25 maggio è calato il sipario sullo spettacolo condotto da Sergio Claudio Perroni su questa vita, nella sua vita. Io l’ho scoperto guardando le stories di una ragazza che con gli occhi ancora gonfi di lacrime provava a raccontare l’accaduto.
Sergio Claudio Perroni si è suicidato, un colpo di pistola in pieno giorno e in mezzo alla gente.
Ho sentito un vuoto formarsi dentro di me. Così ho digitato il suo nome su Google e mi è apparsa la foto di un uomo maturo, sorridente, pieno di luce. Ho continuato a fissare quello sguardo alla ricerca di qualcosa, forse di una giustificazione alla mia sensazione.
Come ci si può sentire così male per la perdita di una persona che non si conosce? Come può un uomo che ha sempre provato a comunicare a tutti qualcosa esser riuscito a farlo anche con il suo ultimo gesto?
Da ieri ho scandagliato il web, ho letto tutto ciò che ho potuto su di lui ma soprattutto l’ho ascoltato. Ho messo su le cuffie e mi sono lasciata travolgere dalla sua voce, ho cercato di capire il suo gesto, di capire lui e di capire me attraverso le sue parole.
Ho letto stralci di uno dei suoi ultimi libri “Entro a volte nel tuo sonno” e la morsa allo stomaco si è stretta ancora di più.
La gente se ne va, smette di colpo, lascia in asso cuori, persone appena cominciate, bambini da finire, tutte cose che non potranno più esserlo, che fingeranno di esserlo, che lo saranno solo per mancanza e mai per presenza, perché lasciare altri a metà è quello che riesce meglio a tutti, finiscono per farlo tutti, lasciare qualcuno solo, lasciarlo ancora più solo, finché non toccherà anche a lui andarsene, lasciare un altro solo, lasciare un altro vuoto, d’altronde siamo qui per questo, siamo fatti per questo, per andarcene sul più bello di qualcun altro, promesse d’assenza sempre mantenute, cose che non smettono mai di essere state. (Un altro vuoto di Sergio Claudio Perroni)
Non sono in grado e non voglio raccontarvi l’autore, la sua carriera, la sua biografia. Le testate giornalistiche hanno già dato ampio sfogo alla loro smania di notizie, fermandosi a trovare il titolo più agghiacciante e ad elencare lodi e successi dell’autore, non dell’uomo che si nascondeva dietro ogni libro, ogni pagina.
Dove voglio andare a parare con questo articolo? Cosa voglio dire? Non lo so. Ma Sergio Claudio Perroni, con il suo gesto estremo mi ha fatto venire voglia di scrivere, di piangere, di leggere, di abbracciare, di vivere.
Lui che ha scelto la morte, mi ha fatto capire quanto sia importante la vita.
ti saluto da qui, dall’ovunque che sei ogni volta che mi manchi (Madrigale – L’ovunque che sei di Sergio Claudio Perroni)
[amazon_link asins=’8893447819,8893444275,8893440199,8845262340,8845265188′ template=’ProductCarousel’ store=’caffeletterario-21′ marketplace=’IT’ link_id=”]